La partecipazione al progetto Cleanstone da parte dell’Università di Padova è legata principalmente a tre fattori. In primo luogo, tutti i centri veneti maggiori devono la loro connotazione all’impiego della pietra, sia usata in senso strutturale che decorativo, e ai problemi della sua conservazione e del suo utilizzo. In particolare a Venezia, l’impiego della pietra Istriana ha portato nel tempo ad una quasi totale identificazione della città con essa. Chiese e palazzi, ponti e rive, pozzi e scalinate, balconi e cornici formano un “unicum” specifico e irripetibile perché ottenuto con i diversi impieghi dello stesso materiale, resistente all’usura del tempo e degli agenti inquinanti divenuti via via più aggressivi. In secondo luogo, la convinzione che ci siano ancora margini per migliorare le attività relative all’estrazione, alla lavorazione, all’utilizzo della pietra e alle tecniche oggi impiegate. Infine, è in corso una sfida che dura da parecchi anni per riuscire a ricavare materie prime/seconde direttamente commerciabili dai residui di lavorazione del materiale lapideo (cocciame e fanghi). Ciò si può ottenere con impianti di trattamento che utilizzano nuove tecnologie a modesto consumo energetico. Queste ultime porterebbero a sostanziali vantaggi economici e rilevanti vantaggi ambientali.
Articolo pubblicato il 15 Dicembre 2020
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